Un parco interattivo a metà tra un museo all’aria aperta, un laboratorio e un luogo d’incontro. Un prototipo ecologico sperimentale in cui gli interventi artistici stabiliscono anelli congiunturali con l’ambiente naturale. Il PAV sorge su un’area interessata dal processo di trasformazione delle aree industriali dismesse, che ha coinvolto l’intero capoluogo piemontese a partire dal cambiamento urbanistico e funzionale attuato con il Piano Regolatore del 1995, in luogo di una fabbrica costruita nel 1977 e chiusa tra la fine degli anno Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Il PAV è stato classificato dal Piano Regolatore di Torino quale zona Urbana di Trasformazione (ZUT).

Il PAV è un centro per l’arte contemporanea che accoglie al suo interno un’area espositiva occupata da un’istallazione permanente e alcuni ambienti dedicati a laboratori, aule per la didattica e spazi di lavoro per artisti.

Questa struttura, che esternamente appare come un’altura verde perfettamente integrata con il terreno circostante, sorge nel quartiere Lingotto di Torino, occupando un’area precedentemente destinata ad attività industriali (prima del recupero il sito era di proprietà della Framtec che fino all’inizio degli anni Novanta produceva componenti per automobili).

La pianta del PAV è una corona ottagonale con una corte centrale scoperta: gli ambienti interni dell’edificio sono distribuiti lungo un percorso circolare che ha inizio in una “serra di ingresso”, collegamento principale tra la piazza pedonale antistante l’accesso e la corte interna. La particolarità del PAV è rappresentata dalle chiusure verticali dell’edificio che sono completamente ricoperte da grandi volumi di terreno coltivato a verde che raggiungono la quota della copertura trasformando il museo in una sorta di rilievo artificiale da cui è possibile godere di una vista a 360 gradi sulle opere d’arte dislocate nel parco. La cellula ottagonale genera particolari relazioni spaziali con l’area esterna attraverso quattro varchi d’ingresso ritagliati sui fianchi della collina, che sembrano portare ad un sottosuolo,  diversa percezione di un luogo che in realtà non è affatto ipogeo, ma contenuto, delimitato da sponde verdi artificiali.

 

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