Come è noto, lo scorso 10 aprile, in occasione di una conferenza stampa e di un’assemblea pubblica, è stato dato avvio ad una fase di integrazione del Piano strategico di Rimini e del suo territorio. Si tratta di un momento importante per Rimini e, quindi, ringrazio la redazione di Chiamami Città per questa opportunità.

La fase di lavoro che abbiamo intrapreso e presentato il 10 aprile non intende in alcun modo mettere in discussione la validità e attualità del Piano Strategico Rimini Venture 2007-2027. Infatti, come è peraltro stato ampiamente dichiarato, il Piano strategico è uno strumento tuttora pienamente valido e contiene diversi obiettivi ancora da attuare.

Al contrario, quella che si apre oggi è una fase di completamento e ampliamento del Piano Strategico che ha due finalità: da un lato, quella di accompagnare l’attuazione delle azioni previste nel Documento di Piano Rimini 2007-2027 che devono ancora essere messe in atto; dall’altro, quella di completare il Piano Strategico di Rimini alla luce delle nuove complessità, delle nuove problematiche e anche delle nuove opportunità che il contesto ci mette di fronte a 12 anni di distanza dall’avvio di questo processo. Un lasso di tempo che, per la velocità con cui si producono oggi le trasformazioni, appare quasi un’era. Basti pensare a quali erano i mezzi tecnologici di allora rispetto a quelli odierni.

Sappiamo ormai bene che la Pianificazione Strategica territoriale è nata in Europa a fine Novecento per dare una risposta alla crisi degli strumenti di pianificazione tradizionale che già allora aveva cominciato a manifestarsi. Ad esempio, il piano urbanistico elaborato “una tantum” (e per lo più legato ad una visione temporale di mandato amministrativo) si è mostrato certamente in grado di costruire città capaci di essere le “piattaforme” fisiche di un’era di benessere diffuso. Tuttavia, questa pianificazione ha finito, nel tempo, per rivelare alcuni importanti limiti riassumibili, in estrema sintesi, nella difficoltà ad accompagnare un forte sviluppo quantitativo con una altrettanto forte attenzione alla qualità e all’equilibrio ambientale, sociale ed economico delle scelte progressivamente intraprese e attuate attraverso i diversi piani urbanistici.

Tali limiti sono divenuti ancor più evidenti quando le “cifre” della contemporaneità, a cominciare dalla globalizzazione, hanno cominciato a produrre trasformazioni rapide e profonde del contesto locale e sovralocale dei nostri territori e hanno, nei fatti, cominciato a cambiare “i connotati” delle città e costretto i policy makers a cambiare approccio. Per questo, la pianificazione urbanistica fortemente normativa, “contrattuale” e di orizzonte medio-breve dei decenni precedenti ha dovuto progressivamente lasciare il campo ad una pianificazione sempre più orientata verso la resilienza ed una visione a medio-lungo termine che si realizzi nel tempo attraverso lo strumento del progetto più che attraverso lo strumento del piano.

È proprio la necessità di dotarsi di una visione a medio-lungo termine, ovvero la vocazione identitaria ma anche prospettica che un territorio si vuole dare per il futuro, ad avere fatto sì che le più avanzate realtà urbane europee ed internazionali abbiano deciso di dotarsi di Piani strategici.

E va da sé che la costruzione di una visione a medio-lungo termine dello sviluppo di un territorio rende quanto mai opportuno concepire il Piano strategico come uno strumento fortemente partecipato non solo dai livelli istituzionali, ma anche dalla comunità locale e dalle sue diverse espressioni.

Di fatto, il Piano Strategico può essere sinteticamente descritto come un patto di corresponsabilità tra amministratori, cittadini e attori economici, sociali e culturali di un determinato territorio che, lavorando assieme, individuano l’orizzonte di sviluppo di quel territorio.

Non a caso, inclusione, partecipazione e coesione della comunità su un percorso di interesse comune sono stati i pilastri sui quali si è costruito il Piano Strategico di Rimini.

Che ha avuto, fin dal suo avvio, ed ha tuttora due formidabili “strumenti di garanzia”, che agiscono in maniera interrelata e che sono stati e sono entrambi determinanti per il suo successo: il Comitato Promotore, da un lato, il Forum partecipativo, dall’altro.

Ricordo che il Comitato Promotore si è costituito fin dal 2007 riunendo inizialmente il Comune e la Provincia di Rimini, la Camera di Commercio (all’epoca di Rimini, oggi della Romagna) e la Fondazione Cassa di Risparmio. L’azione continuativa del Comitato promotore in questi anni nel sostenere, orientare e monitorare il processo, assieme al Forum partecipativo “Rimini Venture”, è stata talmente peculiare ed efficace che, nel tempo, questo strumento non solo non si è indebolito (come spesso accade a “cabine di regia” di questo tipo) ma, al contrario, si è rinforzato, come dimostrano la successiva entrata della Regione Emilia-Romagna, nel 2012, e quella recentissima dell’Università di Bologna, entrambe spinte dalla consapevolezza dell’importanza di supportare il Piano Strategico con un’azione congiunta e coesa di tutti gli enti territoriali.

A scanso di ogni possibile equivoco mi preme, invece, precisare che il ruolo della nuova banca del territorio, Crédit Agricole, che ha di recente manifestato, pubblicamente e concretamente, il proprio sostegno al processo, non si esplica all’interno del Comitato Promotore, di cui la banca non fa parte, bensì a supporto della Fondazione Cassa di Risparmio affinché quest’ultima, stanti le vicende note, possa continuare a supportare il Piano.

Il secondo strumento di governance del Piano Strategico è il Forum “Rimini Venture”, l’organismo partecipativo composto da 69 associazioni economiche, culturali, ambientali e sociali riminesi, il ruolo che questo strumento ha avuto fin dal principio è stato quello di delineare, assieme al Comitato Promotore, la visione ventennale di Rimini proiettata al 2027 e di definire, grazie alla co-progettazione di tanti soggetti, quegli indirizzi progettuali che poi, in buona parte, abbiamo visto negli anni tradursi in progetti e realizzazioni, materiali e non: solo per citarne alcune, penso al progetto del Mare Pulito (e quindi del PSBO), il primo ad aver preso avvio in attuazione delle previsioni del Piano Strategico, alle progettazioni che interessano Piazza Malatesta e tutto l’areale del Ponte di Tiberio e del porto canale. Ma penso anche ad altri progetti legati al turismo, alla cultura e al sociale, come #EmporioRimini, per citarne uno. Oltre a questa funzione, che il Forum ha a tutt’oggi e avrà a maggior ragione nei mesi a venire, quest’assemblea partecipativa ha svolto un ruolo attivo nei laboratori e gruppi di lavoro che hanno accompagnato l’attuazione del Piano e una funzione di verifica e monitoraggio nel tempo della sua progressiva realizzazione, come poi è raccontato anche nella mostra al piano terra di Palazzo Garampi inaugurata il 10 aprile.

Accanto a questi due strumenti, Comitato promotore e Forum, la fase di elaborazione del Piano Strategico, che si sviluppò tra il 2008 e il 2010, vide anche la presenza di un Comitato Scientifico; un nucleo di indirizzo tecnico-scientifico che servì allora anche per concepire il modello del “nostro” Piano strategico e che verrà oggi riproposto sotto forma di Advisory Board, ovvero scegliendo un gruppo di esperti multidisciplinari, come peraltro fu fatto anche 12 anni fa, che affiancheranno i nuovi tavoli di lavoro.

Questi ultimi opereranno sui temi che scaturiranno da un’approfondita analisi dei contenuti derivanti dalla consultazione di stakeholders e cittadini: oltre 300 interviste one-to-one, in corso di realizzazione, e un più ampio coinvolgimento dei cittadini che stiamo promuovendo attraverso strumenti web e social e che, solo fino ad oggi, ha visto aderire più di 1000 persone.

Ciò detto, appare evidente come questo lavoro di rilancio e integrazione del Piano sia di grande importanza. Come dicevo all’inizio, 12 anni oggigiorno sono un lasso di tempo in cui si producono cambiamenti enormi. Oltre all’ovvio riferimento alle tecnologie, mi limito a citare la continua apertura delle economie, la velocizzazione dei sistemi di informazione, la crisi naturale, climatica e ambientale, il cambiamento dei modelli e dei processi economici e produttivi; senza menzionare le conseguenze lasciate da una crisi economica strutturale decennale che ci consegna un mondo diverso da quello del passato, di cui ancora facciamo fatica a comprendere appieno dinamiche e tendenze.  

Ecco perché, a fronte di tutto questo e di altro, il Forum partecipativo per primo ci ha spinti a riprendere il valore del Piano e a tornare a dedicarci ad un lavoro di elaborazione prospettico, con un ulteriore orizzonte ventennale (2019-2039 appunto), impegnandoci in un nuovo processo e ampliando la partecipazione, ad esempio coinvolgendo anche le scuole, da un lato per meglio comprendere quali nuovi obiettivi il nostro territorio può traguardare nel futuro e, dall’altro, per attuare in maniera sempre più aggiornata i progetti di prossima realizzazione, a cominciare naturalmente dalla riqualificazione del prodotto turistico attraverso il Parco del Mare.

I prossimi anni vedranno, infatti, concludersi alcuni interventi importanti, ad esempio il PSBO, e aprirsi nuovi progetti e nuovi cantieri. Molto ancora è dunque da fare sulla città fisica ma, oltre alle trasformazioni fisiche, un territorio che voglia competere efficacemente nella contemporaneità deve lavorare molto anche su componenti immateriali e azioni capaci di produrre un adeguato cambiamento e ammodernamento culturale. I nuovi “prodotti” con cui Rimini si proporrà, a cominciare da quello turistico, necessitano di nuove competenze, nuove abilità, nuove idee. E questo richiede informazione, formazione, e la capacità di fare squadra per essere una città e un territorio capace di garantire qualità della vita e di essere attrattivo e accogliente, a partire dalla propria comunità.

Per questo, accanto alla città fisica, la Urbs, sulla quale tanto si è fatto in questi anni e tanto si dovrà fare nei prossimi, riteniamo che uno sforzo importante debba essere fatto anche sul fronte della formazione della Civitas, ovvero verso la creazione di una “comunità” urbana e territoriale, sempre più coesa, responsabile e all’altezza delle sfide che il presente ci pone e il futuro ci porrà di fronte.

Maurizio Ermeti

Link all’articolo pubblicato su chiamamicittà.it

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