RIMINI – Un Parco urbano del mare lungo venti chilometri, che allarghi i confini della città e il suo orizzonte fino alla linea delle cabine, dove turisti e residenti porteranno i roller e la bicicletta come in California, un’ oasi marina attorno alle piattaforme estrattive abbandonate davanti alla costa, un polo culturale, un museo turistico virtuale e multimediale nella grande area delle Ferrovie accanto alla stazione, tra il centro storico e il lungomare, nuovo biglietto da visita della città, da proporre a chi arriva, le ex colonie recuperate per ospitare incubatori di accoglienza. E poi centri wellness, Spa marine, rilancio dei prodotti tipici dell’ entroterra in costante collegamento con quelli che regala il mare. E’ il nuovo Piano strategico di Rimini e del suo territorio, fortemente voluto dalle istituzioni locali,(Comune, Provincia, Camera di commercio e Fondazione Cassa di Risparmio) per disegnare il futuro della città di qui ai prossimi vent’ anni, con una formula che è di per sé una specie di miracolo. Basti pensare che alla sua elaborazione hanno partecipato decine di organizzazioni della società civile. Organizzazioni diversissime con interessi apparentemente inconciliabili: dall’ Automobil club agli ambientalisti, dalla Caritas alla Confindustria, dall’ associazione “Basta merda in mare”, alla Lega coop, al Meeting.

Oltre 300 incontri in due anni, 400 persone coinvolte, il piano è stato approvato all’ unanimità dal consiglio comunalea fine primavera. Alla seduta ha partecipato anche il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi che ha pronunciato un discorso emozionato dal titolo “Per una città bella e abitabile”. Una lezione per le città che, vedi Bologna, litigano per anni su progetti settoriali che nascono vecchi? «Bologna attraversa un’ impasse politica di eccezionale gravità», risponde Felicia Bottino, architetto, ex assessore all’ urbanistica della Regione e coordinatrice del Comitato scientifico che ha dato corpo al Piano strategico di Rimini, nel quale figurano Giuseppe De Rita, Marcella Gola e Stefano Zamagni. «Ma, a parte le difficoltà di questo momento, spesso le città mancano della capacità di immaginare il futuro.

Un futuro che prima era lineare con direttrici semplici. La complessità di oggi richiede una pianificazione strategica. Lo ha fatto Barcellona, lo ha fatto Torino per le Olimpiadi invernali. Significa stabilire prima di tutto, prima di questo o di quell’ intervento, quale futuro vogliamo, in quale città vogliamo vivere domani, senza trascurare la nostra identità». Qual è l’ identità di Rimini? Un importante crocevia di relazioni, di incontri, una piccola realtà territoriale che ha in sé tutte le valenze della dimensione metropolitana. Non solo. E’ una città di mare, di divertimento e di eventi importanti, ma anche di turismo di massa. «Gli stessi simboli della città rappresentano il senso dell’ apertura, della congiunzione e dell’ incontro, il ponte di Tiberioe l’ arco di Augusto, porta urbana progettata senza battente, sempre aperta per accogliere genti da ogni parte del mondo». Da qui alcune delle aree di intervento individuate dal piano. Primo fra tutti il rapporto col mare, il tema più fascinoso, che «da sfondo torna ad essere elemento centrale». Per tutelarlo è stato cambiato il piano degli scarichi fognari con lo sdoppiamento delle reti, le acque nere reflue distinte da quelle bianche piovane. Un’ operazione che sembrava impossibile e invece è la prima già passata in consiglio comunale. Poi la creazione del Parco del mare «pensato come nuova agorà cittadina», con spazi pubblici, Spa marine, trattamenti e servizi incentrati sul valore benefico dell’ acqua marina ma anche della sabbia, dell’ aria e del sole, per far vivere il mare 365 giorni l’ anno, anche a beneficio della città e dei residenti. – PAOLA CASCELLA

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/07/27/rimini-futura-vent-anni-di-rivoluzione-azzurra.html

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